La parlata di Nicosia: il galloitalico.

Nel 1061, le truppe normanne di Ruggero d’Altavilla, iniziarono la conquista della Sicilia, che, dopo una devastante guerriglia durata ben trent’anni, venne sottratta agli Arabi. Questi erano sbarcati nell’isola nell’827, a Rametta (oggi Rometta), nei pressi di Messina, cadde nel 965.
Passato lo Stretto, i Normanni conquistarono Messina e successivamente si spinsero fino a Traina (oggi Troina), che divenne la loro roccaforte. Spostandosi via via verso occidente, dopo aver preso Cerami, tentarono di prendere Nicosia, ma non ci riuscirono, perché il conte Ruggero dovette immediatamente far ritorno a Troina, dove gli abitanti si erano energicamente sollevati contro le soldataglie normanne che volevano farla da padroni anche sulle donne della fiera città siciliana. Nicosia cadrà due anni dopo.
La lunga guerra di conquista, la devastazione del territorio siciliano, e i conseguenti vuoti demografici che si erano venuti a creare, ferma restando la presenza degli Arabi sconfitti (solo i nobili erano passati in Tunisia o in Andalusia), indussero i conquistatori a colmare quei vuoti facendo affluire popolazioni dal Nord Italia. Si prestò alla bisogna la politica matrimoniale degli Altavilla che si erano più volte imparentati con gli Aleramici del Monferrato, nonché il grave disagio economico e sociale di larghe plaghe del Nord Italia (particolarmente i territori corrispondenti al Piemonte meridionale, all’entroterra ligure e all’Emilia occidentale). Si creò così un largo afflusso di popolazioni verso il Sud dell’Italia e cioè verso la Sicilia e la Lucania.
I nuovi arrivati, probabilmente sbarcati nei porti settentrionali della Sicilia e raccolti in gran numero a Santa Lucia del Mela, vennero immediatamente sistemati lungo una linea di stanziamento che dalle coste settentrionali dell’Isola giunge a quelle meridionali, da San Fratello, insomma, fino a Butera. In questo modo la Sicilia venne strategicamente tagliata in due: gli Arabi della Sicilia sud-orientale non potevano ricongiungersi con quelli della Sicilia centrale e occidentale, senza fare prima i conti con i Lombardi di Sicilia.
La dislocazione dei centri abitati dagli immigrati settentrionali copre perfettamente la linea nord-sud, come si osserva dalla stessa elencazione dei centri che ancora oggi conservano il dialetto importato in Sicilia nel quarantennio che va dal 1091 al 1130:
Provincia di Messina: San Fratello (con la diramazione recente di Acquedolci), Novara di Sicilia con la folta chioma dei villaggi circostanti (Fondachelli-Fantina, comune autonomo dal 1950), Montalbano Elicona;
Provincia di Catania: Randazzo e Caltagirone;
Provincia di Enna: Nicosia, Sperlinga (galloitalica però dalla fine del XVI secolo per riassetto della popolazione e proveniente in maggior parte da Nicosia ), Piazza Armerina, Aidone;
Provincia di Siracusa: Ferla, Buccheri, Càssaro.
In tutti questi centri il dialetto che vi si parla non è il siciliano, come nelle altre parti della Sicilia, ma il galloitalico. Un dialetto di tipo italiano settentrionale, che, nel corso ormai di quasi un millennio, si è in vario modo mescolato col siciliano, senza tuttavia perdere i caratteri originari.
In città come San Fratello, Nicosia, Sperlinga, è addirittura possibile sentir parlare due dialetti: il galloitalico tradizionale e il siciliano del posto, fortemente, quest’ultimo, condizionato dal galloitalico. Accanto, ovviamente, all’italiano.
Ricevettero nuclei di popolazioni galloitaliche pure Capizzi, Vaccària, Butera e Corleone. Ma Capizzi, venne distrutta e gli abitanti dispersi a seguito della ribellione della cittadina a Federico II (1233); Vaccaria, nel corso del XIV sec. si estinse e i suoi abitanti si trasferirono nella vicina Nicosia (nel quartiere detto del Vaccarino); Butera venne distrutta a seguito di una ribellione già in epoca normanna, ai tempi di Guglielmo I. Nel dialetto di Corleone l’elemento galloitalico è stato assorbito dal siciliano.
Molti centri della valle dell’Alcantara, da Piedimonte fino a Randazzo e più su fino a Santa Domenica Vittoria, presentano nei propri dialetti elementi italiani settentrionali.
Gli studiosi dell’Università di Catania da tempo studiano queste realtà e stanno approntando ben cinque vocabolari relativi alle parlate di San Fratello, di Nicosia e Sperlinga, di Novara di Sicilia (e dintorni) e di Piazza Armerina. Da più di un decennio è stato pubblicato quello di Aidone. Numerosi i convegni e i corsi di aggiornamento organizzati dagli stessi studiosi e numerose sono anche le pubblicazioni relativi ai nostri dialetti.
La conoscenza è l’unico elemento che possa far apprezzare, valorizzare e salvaguardare questi dialetti. Un bene culturale di inestimabile valore.
Santo Spinelli
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VIII Rassegna di poesie e prosa in dialetto galloitalico
Sperlinga 19 agosto 2006Edizioni: NovaGraf – Assoro (En) ottobre 2006
A cura dell’Archeoclub d’Italia, sede di Sperlinga (En)

via Roma, 37 - 94010 Sperlinga (En)
Antonino Bonomo, Simone Guglielmo, Salvatore Lo Pinzino e Salvatore Scalisi
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IL GALLOITALICO: lingua di Sicilia

Giunta alla ottava edizione la Rassegna è frutto dell'impegno e della fatica di tutti i poeti, di appassionati e degli amministratori del Comune di Sperlinga. Quando nell'estate del 1998 ci siamo fatti promotori di questa iniziativa la risposta di tutti è stata chiara e solidale.
I primi contatti li abbiamo avuti con i poeti di Nicosia, poi non ci è stato difficile coin­volgere gli autori di Aidone, Piazza Armerina, San Fratello, Ferla, e Novara di Sicilia. Il contatto con le altre realtà galloitaliche ha permesso una viva conoscenza delle differenze fonetiche e ha posto il problema della grafia unica nonché la traduzione del testo in lingua italiana.
La Rassegna che si svolge il 19 agosto vede la partecipazione di tutti i poeti. I testi sono letti dagli autori stessi e questo rende la manifestazione molto carica di messaggi, di gesti, di quel tanto "non detto" che tuttavia è ben percepito. È una grande emozione sentire nello stesso momento l'accento campagnolo di Sperlinga e di Nicosia, il vocalismo di Piazza Armerina ed Aidone e la forza della intonazione di San Fratello così come le nasali di Randazzo e Montalbano Elicona.
La Rassegna serve a mettere in contatto le realtà galloitaliche e non vengono imposti vin­coli sulla scelta dei lavori. Essa ha posto un obbligo, quello di pubblicare in un opuscolo i lavori letti. Necessità che nasce dalla convinzione che le "pubblicazioni" permettono una sal­vaguardia del dialetto e nello stesso tempo fanno letteratura.
Leggere i lavori contenuti in questa antologia permette di rivivere uno spaccato sonoro, storico e culturale tipico di una Sicilia Medievale che ha avuto contatti con diverse etnie.
I testi sottolineano una vita ricca di ricordi, di momenti religiosi e storici, di consigli e avvertimenti, di considerazioni e analisi filosofìche al pari delle altre letterature volgari euro­pee del Medioevo. Oggi scrivere poesie in dialetto galloitalico è a nostro avviso una opera­zione che entra più nei meandri del catartico e permette di liberare la persona dalla tenaglia di una quotidianità strutturata e rigida. Leggere in galloitalico ci porta ad eseguire delle ope­razioni mentali che vanno verso l'emergere di ricordi dell'infanzia, di suoni ancestrali, di entrare in simbiosi con l'io collettivo di questa entità linguistica e culturale. Riuscire a pro­durre un testo in galloitalico e nello stesso tempo riuscire a leggerlo pone, lo scrittore e il let­tore sullo stesso piano con la voglia di scoprire questi legami che ognuno ha con la propria lingua. Gli autori scelgono temi e parole sentendosi ancora gli eletti tenutari per tramandare ancora questo nostro patrimonio; noi lettori siamo con loro partecipi alla conservazione di questa ricchezza. E se il dialetto viene ancora usato correntemente è anche vero che una gran parte di termini è caduta in disuso. La nostra convinzione è che una lingua per essere viva va ascoltata, letta, scritta, messa in rime, raccontata, cantata e parlata. Perché è la parola che con i suoi suoni affascina, incanta, strega. La parola non ha materialità ma ha forza intrinse­ca, che non lascia indifferenti ma è fonte di valori e significati.
Un nostro proverbio dice: "A mieghiö parödda è chedda ca nen se dì."
Quantë chestiai quandö sëntenö dì venecotö o sciesciöu nea se regördenö quandö erenö carösgë. E brasgìa, che fa regördè matinadë de nvernö ca nëö nté serrë. E bezelduccö ca sa eö che parö o davëssö e nen è niëntö. Mucciareddë: carosgë che cuntavenö seiradë sanë mëntö l'autë se muciavenö e cantenierë cantenierë, i mamë che ciamavenö a scattacorë pe ndessë a cörché. Fiera, nimai comö i fremigölë, i calatarë mbröghiöi, ca sa nen stavë accura te föddavenö nto saccö. Mastazzolë: döuzë comö ö melë, nëire, caudë, ö sciorö trapanava ö cuörö. Ciucciö, petusgë nte­sta a corpë de rocchë. E ddagremë e santiöi, sentenzië e bandiöë.
Öra parö ca stë paröddë nen dinö chiù nientö, sönö spudai ö vëntö e nudda öurëghia ë sentö. "A miëghiö parödda è chëdda che se dì".
Antonino Bonomo
Simone Guglielmo


Partecipanti:

Nicosia (En)
Santina Campagna, Sigismondo Castrogiovanni, Francesca Fascetta, Grazia Gangitano, Enza Giangrasso, Santina Monsù.

Piazza Armerina (En):
Aldo Libertino, Lucia Todaro, Tanino Platania, Michele Suriana, Pino Testa.

Randazzo (Ct):
Santo Anzalone, Maria Cristina Di Benedetto, Vincenzo Falanghella, Concetta Sgroi, Maria Sgroi, Nino Trifilò.

San Fratello (Me):
Calogero Cassarà, Bettina Di Bartolo, Carmelo Lanfranco, Filadelfo Lo Paro, Serafina Miraglia, Grazia Regalbuto, Carmela Ricciardi, Rosalia Ricciardi.

Sperlinga (En):
Antonino Lo Bianco, Giovanna Lo Bianco, Salvatore Lo Pinzino, Salvatore Lo Sauro, Maria Seminara.

LA POESIA CHE PRESENTIAMO:
Consighjî n falibölî (Consigli infallibili)
di Grazia Gangitano da Nicosia (docente di materie letterarie e latino presso il Liceo Scientifico “Ettore Majorana” di Nicosia

Corcö cönsigghjö
ia te vurrìa dè
pe stè cuietö
e nen fetë odiè:
tu dei protesterö
chëö che di ö capö
daë sëmpö aproverö;
se no, segurö,
comö rruobë a böca,
ëö rruobö chiù randa
e te se n mböca;
se puöî se n mbisca
corcùn pe fessë beö,
ö fuögö svampa
e suciëdö n casteö.
Hai corca idea?
Miëghjö ca fai muirö,
se no de tu
ne ponö ferö cuirö.
Scouta na mi,
fatë na dörmuda
nta na ngiönëta durantö a sëduda!

Traduzione:

Qualche consiglio
io ti vorrei dare
per stare tranquillo
e non farti odiare:
mai nelle sedute
tu devi protestare,
quello che dice il capo
devi sempre approvare;
se no, sicuro,
come apri bocca
egli l’apre di più (più grande)
e ti divora (ti mangia in un boccone);
se poi si intromette
qualcuno per farsi bello,
il fuoco divampa
e succede un gioco d’artificio.
Hai qualche idea?
Meglio la fai morire,
se non di te
ne possono fare cuoio.
Ascolta me,
fatti una dormita
in un angolino durante la seduta!

Grazia Gangitano